Bologna è uno dei nodi ferroviari più importanti d’Italia. Dai binari della Stazione Centrale partono circa 4000 spostamenti al giorno. I lavoratori sono incalcolabili: ci sono i bigliettai, i controllori sui treni, la vigilanza, l’assistenza per i viaggiatori, i dipendenti dei punti ristoro, i tassisti e gli autisti di autobus. I piazzali esterni delle stazioni sono sommersi da una fitta rete di trasporti pubblici, tra autobus e taxi. Ogni giorno migliaia di autisti attraversano quelle strade e il 2 agosto di 41 anni fa non è poi stato così diverso dagli altri giorni.
“Stavo incamminandomi con un collega verso la stazione, perché lì avrei iniziato il mio turno, quando sentimmo un botto violentissimo” racconta Agide Melloni, autista dell’autobus 37 “pochi minuti dopo fermammo un autobus per chiedere cosa era successo e ci venne detto che era saltata per aria la stazione”.
Fa caldo quel sabato mattina e Agide esce presto di casa diretto al lavoro. Fa l’autista da un po’ di anni. L’ha assunto l’ATC e gli piace quel sistema di guidare un paio di autobus diversi al giorno. Agide è un uomo tranquillo, non gli piace il protagonismo, anche per questo apprezza il lavoro dell’autista: silenzioso aiutante giornaliero di migliaia di persone. Quella mattina deve arrivare in stazione per iniziare il suo turno, ma arrivato in Piazza Medaglie d’Oro i problemi quotidiani del traffico bolognese sparirono come fumo per lasciare spazio alle macerie e alle urla.
“Come tutti quelli che si trovavano nel piazzale cercammo di aiutare i feriti e di prestare i primi soccorsi. Un collega decise di fare un primo viaggio con un autobus, per l’appunto il 37, caricando alcuni feriti per portarli all’Ospedale Maggiore. Una volta tornato decidemmo di utilizzare l’autobus per trasportare unicamente i cadaveri, così da lasciare tutte le ambulanze disponibili per i feriti.”
Nel 1980 il centralino del 118 ancora non esisteva. Prontamente il controllo dei soccorsi era stato preso dal CEPIS – Centro di Pronto Intervento Sanitario dell’Ospedale Maggiore di Bologna. Infermieri, dottori, primari e ogni dipendente di qualsiasi ospedale del territorio bolognese si era immediatamente reso disponibile per aiutare i cittadini. Quindi tutti i mezzi di trasporto presenti sul luogo della strage sono stati essenziali per trasportare i feriti ma anche gli aiuti esterni.
Quell’autobus matricola 4030 della linea 37 diviene uno dei simboli di una città che reagì, spontaneamente e senza nemmeno attendere un attimo, ad una tragedia inenarrabile. Prima improvvisatosi ambulanza per il trasporto dei feriti, il 37 divenne ben presto un carro funebre. Tolti i mancorrenti dalle porte e fissati i lenzuoli ai finestrini, i passeggeri del 37 divennero i cadaveri diretti all’obitorio di via Irnerio. Scortato dalle forze dell’ordine, Agide ha guidato fino a notte fonda, quasi 16 ore.
“Durante quelle ore osservai la straordinaria partecipazione dei bolognesi. Si innescarono meccanismi di solidarietà impensabili e tutti sembravano sapere come comportarsi” continua Agide. I cittadini si muovevano all’unisono, come in un grande stato di trance, per aiutare i feriti e i soccorritori. “Possiamo litigare tutti gli altri giorni ma quando succede una disgrazia così terribile e inaspettata bisogna aiutarsi” dice Riccardo Carboni, presidente della cooperativa COTABO. “Allo scoppio della bomba molti tassisti erano presenti sul luogo perché il posteggio dei taxi era dove ora ci sono le colonne dell’ingresso principale della Stazione. Abbiamo avuto molti colleghi feriti e due deceduti tra le 85 vittime. Tutta la categoria accorse sul luogo e si mise a disposizione della città per aiutare i familiari delle vittime, i feriti e vi rimase per tutto il tempo necessario senza chiedere nulla in cambio. Sono rimasti lì 8-10 giorni, disponibili 24 ore su 24, fin quando la situazione non si è normalizzata.”
FITeL Emilia Romagna, insieme ai suoi circoli affiliati COTABO, il Circolo Dozza, il Circolo Ravone, e chiunque sia stato rimasto coinvolto nell’incidente continua ogni anno a tenere viva la memoria di quelle terribili ore. Hanno organizzato mostre fotografiche e artistiche, stampe di libri con le testimonianze dei presenti, spettacoli teatrali. Tutti cercano di dare il loro contributo dove possibile e FITeL non è da meno e ogni anno partecipa alle commemorazioni e agli eventi in memoria della strage.
“Nella vecchia sede avevamo una rotonda intestata ai due colleghi rimasti vittime della bomba, Fausto Venturi e Francesco Betti” ricorda Riccardo Carboni “un gesto significativo per noi e importante per tenerne vivo il ricordo. Ora, nella nuova sede in via Stalingrado, abbiamo un taxi che ci è stato donato da un ex collega che era presente alla stazione quel giorno e che si è salvato. L’auto è completamente accartocciata su se stessa e rende perfettamente l’idea dell’impatto causato dallo scoppio. Accanto alla targa con i nomi dei colleghi c’è addirittura un pezzo di muretto della Stazione”.
Il 2 agosto è una ferita aperta nella città che “chiunque ha vissuto bologna o passava in quel momento sente ancora” conclude Riccardo Carboni “Delle volte invitiamo della autorità da fuori e si percepisce che hanno vissuto l’evento con distacco: percepiscono la gravità del fatto ma non lo sentono proprio. Se vivi qui ti rendi conto che ancora muove i sentimenti delle persone.”
Bologna, 2 agosto 2021
Eleonora Poli
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