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IL DOPPIO VOLTO DELL'AMORE, FRA RAGIONE E SENTIMENTO



di Maria C. Fogliaro

Nella vita può succedere che le conseguenze degli atti che si compiono risospingano senza sosta nel passato. È quanto accade a Tom Sherbourne (Michael Fassbender), guardiano del faro di Janus, un’isola situata idealmente al largo delle coste australiane, nel punto in cui i due oceani si incontrano, e che porta lo stesso nome del dio bifronte della mitologia romana, custode delle porte, capace di guardare il passato e il futuro, «diviso − afferma Tom − fra due modi di vedere le cose». In quel luogo remoto e disabitato, dove signoreggiano cielo, mare e venti imperiosi, Tom era arrivato alle dipendenze del Servizio affari del Commonwealth dopo aver valorosamente combattuto sul fronte occidentale, sperando di trovare un po’ di pace dopo gli orrori della Grande guerra.

Presto, però, il volontario esilio di Tom è interrotto dalla conoscenza di Isabel Graysmark (Alicia Vikander), una ragazza piena di vita, che viveva − dopo aver perso due fratelli in guerra − da sola con i genitori a Point Partageuse, la cittadina sul continente da dove periodicamente parte l’unico battello carico di rifornimenti per Janus. Dopo pochi incontri e una fitta corrispondenza, i giovani si sposano, e l’isola diventa un rifugio felice per i due innamorati. Mentre Tom si occupa del faro e annota meticolosamente ogni avvenimento su un registro giornaliero, cercando di essere sempre un buon marito, Isabel sogna di formare una famiglia libera dal dolore del passato. Ma ben due gravidanze prematuramente interrotte gettano la coppia nello sconforto.

Tuttavia, proprio mentre la donna, sempre più sola e infelice, non sa darsi pace, il destino sembra portare su Janus una promessa di felicità: in una barca a remi alla deriva fra le onde, con un uomo morto a bordo, una neonata piange. Isabel interpreta l’arrivo della bambina come un dono inaspettato portato dal mare, e − incapace di ragionare − riesce a convincere un Tom riluttante ma profondamente innamorato di lei a non denunciare alle autorità il ritrovamento della barca, ad occultare il cadavere dell’uomo, e a crescere la bambina come se fosse stata loro figlia tacendo a tutti la verità.

Sulle conseguenze drammatiche di questa decisione ruota La luce sugli oceani (The Light Between Oceans, USA, Nuova Zelanda, 2016, 133’), scritto e diretto da Derek Cianfrance, e tratto dal libro omonimo di M. L. Stedman. Dopo qualche anno dal salvataggio della bambina, la scoperta, quasi per caso, della terribile tragedia capitata a Hannah Potts (una intensa Rachel Weisz), che aveva perso in mare il marito e la figlia appena nata, fa saltare l’equilibrio perfetto che gli Sherbourne avevano costruito a Janus, lontano da tutto e da tutti. La tremenda verità afferra Tom al cuore mettendolo di fronte alle ripercussioni di una decisione presa per amore, ma che egli ha sempre saputo essere sbagliata e che non gli ha permesso di godere pienamente della vita felice che andava costruendo con Isabel, che nondimeno egli cercherà sempre di proteggere come potrà fino alla fine.

Fra panorami smisurati, efficacemente catturati dalla fotografia di Adam Arkapaw, e con la bella colonna sonora di Alexandre Desplat, Cianfrance porta in scena un dramma capace di misurarsi – anche grazie alla bravura di Fassbender e di Vikander – con temi complessi, che parlano alla coscienza e che investono il doppio aspetto che gli eventi frequentemente hanno. È sul crinale scivoloso degli affetti, del senso di colpa e di responsabilità, della consapevolezza dei limiti e delle possibilità, delle separazioni necessarie e delle distanze da colmare, che si gioca tutto il racconto di La luce sugli oceani. E che finisce col toccare − con delicatezza e pudore − il desiderio spesso invincibile di maternità, che se perseguita come diritto assoluto della donna implica la possibilità di cadere in contraddizioni insolubili, in vere e proprie tragedie.



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