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Mediterranean Fever

di Luigi Ercolani


Le sfumature culturali, le differenze di percezione che cambiano da luogo a luogo, sono un fattore essenziale per capire un film proveniente dall'estero. Ciò è vero soprattutto quando, come nel presente caso, il lungometraggio proviene non solo da una nazione straniera, ma addirittura da un altro continente, con tutta la diversità di negoziazione di significato rispetto quella europea che questo comporta.

Presentato al Festival di Cannes del 2022, Mediterrannean Fever è stato definito una commedia, ma non è propriamente così. Il film di Maha Haj è, anzi, un miscuglio omogeneo di generi: la parte comica è intrecciata indissolubilmente alla drammaticità della vicenda, la quale in più punti si rivela anzi come preponderante.

Il racconto, di per sé, si declina in due sviluppi sostanziali: uno personale ed uno collettivo. Quello personale riguarda Waleed, il protagonista, afflitto da una depressione che perdura da molto tempo, ed il cui interesse non è sembra affatto quello di riprendersi, ma, al contrario, quello di una morte prematura, una soluzione che in un contesto decisamente poco eterodosso come della Palestina trova ben pochi interlocutori. Ad aggravare ulteriormente la sua sopportazione verso il mondo che lo circonda è la presenza Jalal, il suo nuovo vicino di casa: da quest'ultimo Waleed è inizialmente è molto infastidito, in quanto il neo-arrivato condomino è molto propenso a disturbare la quiete del palazzo e a concedersi licenze in fatto di rapporti confidenziali.

Quando tuttavia il protagonista tuttavia scopre che Jalal è invischiato in traffici opachi ed attività pericolose, ha l'impressione di poter cogliere la sua occasione per mettere in pratica le sue intenzioni. Inizia così a costruire un rapporto d'interesse, che però nel tempo diventa sempre più sincero, fino ad arrivare al punto in cui i due uomini si mostrano l'un l'altro i reciproci scheletri nell'armadio. Sentimenti come speranza e disperazione, nella narrazione, si susseguono ed inseguono, fino a dipingere un quadro che tocca direttamente le grandi questioni relative alla morale ed al senso della vita.

È in tale cornice che si inserisce il discorso collettivo, politico. Mediterrannean Fever non dimentica infatti, pur se in maniera tangenziale, di trattare altresì la tematica sociale riguardante la Palestina, che è tornata a farsi attuale anche nelle cronache degli ultimi tempi. Non si tratta chiaramente di un caso isolato: il cinema locale da molto tempo sta infatti offrendo un contributo non secondario nella costruzione dell'identità del Paese, pur se le risorse locali sono limitate ed il problema principale non certo rappresentato dalla produzione cinematografica.

Il contesto sociale della Palestina finisce inevitabilmente, nel film, per condizionare Waleed nei suoi rapporti con l'esterno, siano essi con il vicino o con i famigliari. Pur non essendo un attivista in senso stretto, il protagonista ci tiene comunque che sia riconosciuta, e mai dimenticata, l'importanza della storia e della cultura palestinese. Pare quasi esserci un richiamo tra la sua depressione e il conflitto che lacera la sua terra: entrambi possono essere superati solo da un forte impegno, irrorato da una sempre ardente speranza.

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