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Ricorrenza: Paolo VI-Il papa nella tempesta

di Luigi Ercolani

È il 6 agosto del 1978, esattamente quarantacinque anni fa. Alle 21:40, nella residenza di Castel Gandolfo dove si trovava da circa un mese, papa Paolo VI pronuncia le prime parole in latino della preghiera del Padre Nostro, fa come un cenno di saluto a chi gli era accanto e poi rende le spoglie mortali.

Il pontefice, già affaticato da tempo, quell'anno era stato ulteriormente messo alla prova a livello personale dal rapimento e l'uccisione di Aldo Moro, che lo stesso Montini conosceva sin dalla fine degli anni Trenta. Dopo aver tentato qualsiasi via pur di liberarlo, arrivando anche ad offrire (invano) sé stesso come riscatto per la liberazione dell'esponente della Democrazia Cristiana, il pontefice aveva poi celebrato le esequie di quest'ultimo, con un'omelia che lasciava trasparire tutto il suo dolore.

Questi eventi, incastonati in maniera tanto profonda e tanto segnante nella storia d'Italia, sono stati cinematograficamente raccontati in diverse occasioni, una delle quali è la miniserie di due puntate Paolo VI-Il papa nella tempesta (2008), diretta da Fabrizio Costa per RAI e Lux Vide. Una produzione che di per sé rispetta abbastanza gli standard del genere, collocabile tra lo storico e l'agiografico, e che tuttavia ha l'indubbio merito di portare in scena un personaggio, Paolo VI, che nell'immaginario collettivo resta sempre un po' in ombra, molto probabilmente schiacciato da due figure popolari, e per certi versi “di massa”, come Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II.

Ad offrire il volto a Paolo VI in questa produzione è Fabrizio Gifuni, superbo nel riproporne la parlata cantilenante e l'accento bresciano. Curiosamente lo stesso attore interpreterà poi anche Aldo Moro per Marco Bellocchio in Esterno Notte (2022) dopo aver portato in giro per l'Italia lo spettacolo teatrale Con il vostro irridente silenzio-Studio sulle lettere della prigionia e sul memoriale di Aldo Moro (2018-2022).

La grande prova di Gifuni restituisce un pontefice che, in un'epoca di grandi rivolgimenti storici, cerca tanto di mantenere la coerenza del messaggio evangelico, quanto di offrire risposte alle istanze della sua attualità. Su alcune tematiche avvertite come urgenti, sia i fedeli che la società civile si pongono ugualmente contro l'istituzione ecclesiastica, mentre dal canto suo Paolo VI resta coerente con la tradizione, la quale però, nella sua visione, non consiste nel ripetere sempre le stesse cose, e che quindi fisiologicamente necessita di aggiornamento. Questo tema risulta contingente anche oggi, e la domanda “Che cosa deve fare il papa?” che Paolo VI rivolge a un gruppo di sacerdoti in realtà sembra soprattutto interrogare lo spettatore nel momento in cui gli scorrono davanti le immagini del film.

La ricerca del giusto bilanciamento tra i tanti interessi in gioco, anche contrastanti, è stata una costante nella vita di Montini, e fedelmente diviene il filo conduttore della miniserie. La quale, a differenza di altri biopic dedicati ai pontefici, non si conclude con la rappresentazione della morte di Paolo VI, ma con un abbraccio del protagonista ad un gruppo di persone, abbraccio accompagnato dalle parole che San Paolo (che aveva ispirato lo stesso Montini nella scelta del suo nome pontificale) scrive prima del suo martirio: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede”.

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