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8-10 settembre a Venezia 77




di Lorenzo Meloni


8 settembre ONE NIGHT IN MIAMI 1962. Un ventiduenne Cassius Clay mantiene finalmente la promessa di diventare "The Greatest" sconfigenndo Sonny Liston nell'incontro per il titolo dei Massimi. In una stanza d'albergo si ritrovano a festeggiare quattro personalità afroamericane eminenti: Clay (che ha appena deciso di unirsi ai Black Muslims), Jim Brown (che vorrebbe lasciare la NFL per una carriera a Hollywood), Malcolm X (che sta seguendo il percorso opposto a Cassius allontanandosi dal suo vecchio guru Elaja Mohammed) e Sam Cooke (che ha appena avuto una serataccia al Copacabana). Regina King dirige con polso e gusto questo adattamento della pièce teatrale di Kemp Powers, ma di One Night in Miami colpiscono soprattutto due cose: la bravura debordante degli attori, che pur imitando pedissequamente i propri celebri personaggi riescono a stornare la sensazione di "uncanny" e inerzia tipica di molte produzioni simili per risucchiarci nella stanza accanto a persone credibili. Poi c'è la freschezza del testo di Powers, travolgente e appassionante nel ritmo, acutissimo e penetrante nell'analisi di quattro psicologie ormai imbevute di storia e leggenda. Sono icone della lotta per i diritti civili, ma anche uomini imperfetti, amici spesso in contrasto, pronti a rinfacciarsi le proprie umane debolezze e contraddizioni. L'affresco di quell'epoca ne esce complessificato e ricco di sfumature inusuali. Raramente il cinema civile/didattico riesce ad essere così sottile o così struggente. DEAR COMRADES Ancora 1962, ma stavolta blocco opposto. Andrej Konchalovskij torna a Venezia con il racconto di un episodio poco noto dell'URSS post-destalinizzazione, quando un inaspettato sciopero dei lavoratori (percepito come vergognoso e contraddittorio in un paese comunista) venne sedato nel sangue dall'Armata Rossa. Come in Quo Vadis Aida la grande storia fa da sfondo alla tragedia personale di una madre, anche in questo caso donna in posizione di potere alle prese col rischio di perdere un proprio caro (la figlia ribelle). Il film si è già attirato accuse di nostalgia stalinista, e in effetti dipinge un'Unione Sovietica allo sbando senza il suo uomo forte, incapace di mantenersi fedeli ai valori della Rivoluzione. Come al solito impeccabile la messa in scena di Konchalovskij, "occhio" raffinato capace di regalarci singole immagini di grande pregio a cui però non corrisponde fino in fondo un'unità di "sguardo" stilistico, narrativo, storico. NEVER GONNA SNOW AGAIN Si è parlato di American Beauty per questo film polacco ambientato in una suburbia grigia e anonima che in effetti ha molto di americano. A noi ha ricordato più Edward Mani di Forbice, nelle scene in cui il freak interpretato da Johnny Depp metteva la sua stranezza al servizio di casalinghe disperate (e sessualmente voraci) residenti in case fumettisticamente tutte uguali. Non si capisce se questa storia di un massaggiatore ucraino, capace di alleviare i mali dei suoi clienti e proveniente da vicino Chernobyil - si scherza spesso su radioattività e supereroi - possieda veramente dei poteri magici/taumaturgici, o se invece tutto si possa ricondurre al pesante impianto simbolico allestito dalla regista Malgorzata Szumowska. Confuso, anti-narrativo in modo a volte poco brillante, il film si fa comunque ricordare per alcuni sprazzi di poesia surreale e malinconica e per certe trovate fotografiche. Un punto interrogativo, irrisolto e frustrante ma non privo di fascino. 9 settembre LOVE AFTER LOVE Melodrammone cinese spento e convenzionale oltre che discretamente xenofobo. NOTTURNO Torna al Lido di Venezia il documentario estetizzante di Gianfranco Rosi, già premiato col Leone d'oro per Sacro Gra e detentore del record per primo documentarista ammesso in concorso a Venezia. Racconta (con riprese effettuate nell'arco degli ultimi tre anni) il Medio Oriente ancora sconvolto dalla ferocia dell'Isis, alternando ricostruzione storica a testimonianze dei superstiti, soprattutto anziani e bambini. Amato da molta critica italiana, il film di Rosi è stato anche molto contestato per quella che si percepisce come una certa incapacità di andare oltre la superficie visiva e articolare un discorso compiuto. Bellissime le singole inquadrature, ma resta l'impressione di un racconto squilibrato, privo di una vera direzione e perfino sensazionalista in certe ricerche del dettaglio macabro. CARELESS CRIME Lo spunto di questo film iraniano è interessante: l'episodio che diede il via alla rivoluzione del 1979 fu il rogo di un cinema in cui persero la vita alcune centinaia di persone. Il film sembra voler tracciare un parallelo fra la fibrillazione di quei giorni e l'Iran di oggi, ma purtroppo risulta assolutamente impenetrabile, perlomeno da uno sguardo vergine di certe dinamiche contemporanee. La mescolanza di linee temporali è ardita ma alla lunga così ottundente da risultare un tallone d'Achille. Il racconto è confuso, prolisso, inutilmente ripetitivo. 10 settembre WIFE OF A SPY Il maestro dell'horror giapponese Kiyoshi Kurosawa si imbarca in un film di vecchia tradizione hollywoodiana, a metà fra ansie sociopolitiche da spy movie anni '70 ed antieroismo su sfondo storico-bellico da noir anni '40. Per gran parte si sviluppa come un melodramma, placido nei toni ma raffinatissimo nella tematizzazione quasi pirandalliana di uno scollamento fra sentimento profondo e maschera sociale nel Giappone militarizzato e nazionalista degli anni '40. Il pre-finale, che ribalta in modo lancinante l'ottimismo di Casablanca, e in generale tutta l'ultima mezz'ora, sono da antologia del genere. Film pensato per la tv ma con tutti i crismi del cinema classico. LE SORELLE MACALUSO Emma Dante adatta per il cinema il suo dramma teatrale sul disfacimento del "gruppo di famiglia in un interno" composto da cinque sorelle. Parte negli anni '80 e poi salta progressivamente agli stadi successivi della vita delle Macaluso, raccontando morte, disillusione, perdita di prospettive, rimpianti, rancori. Amatissimo qui al Lido per ragioni comprensibili, dovute a una sicura sincerità e urgenza espressiva che sanno toccare il cuore dello spettatore più ben disposto, chi scrive non ha purtroppo ceduto al fascino di questo racconto siciliano, trattenuto dall'eccessiva aderenza a un impianto teatrale un po' farraginoso nel passaggio al grande schermo, da alcune scelte di casting non ottimali, da una certa pesantezza enfatica sia sul piano visivo che nell'uso ricattatorio delle musiche (fra cui la bella cover di Franco Battiato del capolavoro deandreiano Inverno). SELVA TRÀGICA*




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