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C'è ancora domani

di Luigi Ercolani


L'esordio alla regia di Paola Cortellesi è una storia di ieri, ma anche di oggi. Una storia che non fa sconti, che affronta un problema a muso duro, ben lontano dal modello ormai collaudato della commedia italiana remake di un film estero e composta da un cast di volti associabili prettamente al mondo televisivo.

C'è ancora domani è, anzi un lungometraggio che fa uscire lo spettatore dalla sala cinematografica con lo stomaco attorcigliato, generandogli uno strascico di pensieri anche nel ritorno verso la propria abitazione. Compie dunque quello che ormai pochi film, italiani ma anche statunitensi (ovvero le due maggiori componenti del botteghino italiano), sono in grado di fare, ovvero stimolare una riflessione, colpire le sicurezze di chi guarda al punto da portare, sia dal lato maschile che da quello femminile, alla domanda delle domande: “Io cosa farei in questa situazione?”.

L'intesa cinematografica ormai rodata tra Paola Cortellesi e Valerio Mastandrea è l'architrave su cui si poggia la coppia disfunzionale composta rispettivamente dalla laboriosa ma remissiva Delia e dal violento e opportunista Ivano. Sullo sfondo l'Italia del Secondo Dopoguerra, con i traumi, i conti in sospeso, la tensione da una parte e le speranze e le possibilità offerte dall'orizzonte di pace che si stava delineando, dall'altra.

Vi sono tuttavia due controindicazioni quando si approccia questo film. La prima è il non assolutizzarne il messaggio, non renderlo trasversale a tutte le famiglie e a tutte le coppie: se è sicuramente un bene che un tale film generi riflessioni, è tuttavia opportuno tenere in considerazione che si tratta di una rappresentazione finzionale, la quale ha lo scopo di portare in scena determinate dinamiche malsane e non certo di puntare il dito contro tutti coloro che avviano un percorso di vita insieme contraddistinto da stabilità. Il rischio di recepirne il messaggio tout court è quello di esacerbare la mutabilità e la transitorietà delle relazioni e delle famiglie che caratterizzano in quest'epoca storica, per giunta frequentemente alimentate anche da diversi media.

La seconda controindicazione, per certi versi simile alla prima, è il voler utilizzare questo film per fini didascalici, se non proprio cattedratici. Non si tratta infatti di un lungometraggio che padri e madri devono mostrare a figli e figlie per impartire loro una lezione, ma, al contrario, di una produzione che i genitori possono utilizzare per riflettere sul loro agire quotidiano, eventualmente correggendo qualcosa di loro che hanno riconosciuto sullo schermo.

C'è ancora domani è dunque sconsigliato per un pubblico giovanile? Nemmeno, anzi, molti giovani potrebbero giovarsi dalla visione. Allo stesso tempo, però, occorre tenere presente che il messaggio di questo film potrebbe uscirne distorto ed imprimersi in maniera errata nelle menti di ragazzi e ragazze ancora acerbi su questioni che poi si comprendono meglio con l'età adulta.

Meglio quindi invitarli alla visione, a cui far seguire un confronto domestico in merito. Che è, in fondo, un buon modo per ridurre le possibilità che le dinamiche malsane messe alla berlina nella narrazione cinematografica prendano corpo nella vita reale.

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