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CARDUCCI E IL CORTEO FUNEBRE PER BOLOGNA

Giosuè Carducci fu un poeta e scrittore italiano, premio Nobel per la letteratura nel 1906.


Canta l’amore per la vita, per il bello e per la natura mantenendo comunque al primo posto l’amore per la patria. Il suo spirito è erede del primo Romanticismo che omaggia i paesaggi sconfinati in cui lasciar riposare la mente, ma si avvicina anche al Positivismo esaltando così la fiducia nella scienza, nel progresso e nella ragione. In vita fu intellettuale e senatore del Regno d’Italia.


Della produzione poetica, celebri sono le quartine di San Martino: elogio di una pace effimera che è destinata a sparire tra i colori del tramonto verso il buio della notte.


La nebbia a gl'irti colli piovigginando sale, e sotto il maestrale urla e biancheggia il mar; ma per le vie del borgo dal ribollir de' tini va l'aspro odor de i vini l'anime a rallegrar. Gira su' ceppi accesi lo spiedo scoppiettando: sta il cacciator fischiando su l'uscio a rimirar tra le rossastre nubi stormi d'uccelli neri, com'esuli pensieri, nel vespero migrar.


Carducci, nato a Pisa, arriva a Bologna nel 1860 dove insegna letteratura italiana all’università. La città felsinea diviene in poco tempo dimora fissa e rifugio sicuro per il poeta dove, sui colli soprattutto, trascorre momenti di spensieratezza insieme agli altri intellettuali dell’epoca tra cui Pasolini. L’intellettuale si spense il 16 febbraio 1907 di cirrosi epatica nella sua casa alle mura di Porta Mazzini.


I funerali avvennero il 18 febbraio. Venuti a conoscenza del decesso la Camera del Regno sospese la seduta e tutta l’Italia si chiuse a lutto. La salma del poeta fu rivestita con le insegne della massoneria, alla quale Carducci fu affiliato. Alla cerimonia parteciparono in massa i colleghi delle università di tutta Italia, gli allievi di tre generazioni, politici (tra cui Filippo Turati) e scrittori (Pascoli e Renato Serra).

Carducci
il corte funebre di Giosuè Carducci

I cavalli con gli zoccoli fasciati portarono il feretro attraverso via Santo Stefano fino in Piazza Maggiore, parata a lutto. Dopo la cerimonia il corteo raggiunse la Certosa passando per Via Ugo Bassi, Piazza Malpighi e Via Sant’Isaia. Giovanni Pascoli descrive così il monumentale funerale:

Un lungo immenso corteo attraversava la città. Il gonfalone della gloriosa Università e quello del grande Comune erano alla testa. Seguiva il popolo d’Italia, ordinato, lento, mesto. Le bandiere che segnavano le sue divisioni e i suoi aggruppamenti, erano infinite, tricolori, verdi, rosse, nuove fiammanti, vecchie a brandelli; ma il dolore era uno.

Eleonora Poli

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