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4-7 settembre a Venezia 77




di Lorenzo Meloni


Continuiamo a esplorare la programmazione del festival. Per i film contrassegnati da * vi rimando alle recensioni più dettagliate sul sito.


4 settembre


QUO VADIS, AIDA?


Cronaca quasi in tempo reale degli eventi che sfociarono nel massacro di Serbrenica, in Bosnia, durante la guerra in Jugoslavia nel 1995. Primo film in concorso di questa lista, malgrado aderisca consapevolmente a un modello di cinema civile piuttosto convenzionale (Diaz di Stefano Sollima potrebbe essere un buon paragone italiano) si fa ammirare per la grande coesione drammaturgica, il passo deciso e vibrante e soprattutto la prova maiuscola di Jazmila Žbanić nei panni dell'interprete bosniaca dell'Onu che cerca di salvare contemporaneamente il suo paese e la sua famiglia. Al terzo giorno di proiezioni abbiamo già una probabile candidata alla Coppa Volpi.


AMANTS


Lui spaccia cocaina, e dopo l'overdose mortale di un cliente fugge dalla Francia per evitare le indagini della polizia. Lei giura di aspettarlo, ma quando si rincontrano per caso su una spiaggia di Mauritius, è già sposata con un ricco imprenditore del turismo esotico. La situazione degenera. Impersonale e soporifero mènage a trois, incapace di delineare i personaggi a tutto tondo di cui avrebbe disperatamente bisogno per dipingere un amore inossidabile al tempo, alla morale e alle ragioni del denaro. Ambiguo non per sottigliezza ma per superficialità.


MILESTONE


Viaggio iniziatico di un autista di camion nell'India profonda del proletariato industriale. Dopo il suicidio della moglie, il villaggio di origine gli impone di risarcire la famiglia di lei. Non bastano 200 000 rupie, al denaro andrà aggiunta una ricompensa morale non meglio precisata..difficile per lo spettatore ignaro di certe dinamiche sociali ricostruire del tutto il senso di questo interessante road movie, ricchissimo di spunti su temi diversi come le conseguenze della guerra in Kuwait, la competizione in ambito lavorativo fra vecchia guardia e nuove generazioni emergenti che "ci rubano il lavoro" (particolarmente spiazzante per lo spettatore italiano), il rapporto fra anima rurale e modernità di questo paese sconfinato e brulicante. Di certo il protagonista, interpretato da un ottimo Suvinder Vicky, si staglia come uno dei personaggi più veri e toccanti tra quelli visti alla Mostra, "working class hero" riluttante alla Tom Joad, diamante grezzo ma a suo modo purissimo nelle cui facce si riflettono le mille contraddizioni raccontate dal film.


5 settembre


THE DISCIPLE


Prima vera rivelazione di Venezia 77, film musicale sull'apprendista di un maestro di canto classico industano che deve imparare a fare i conti coi limiti propri e degli ideali impartitigli dai suoi maestri. Passato, presente e futuro di un'ossessione per la perfezione, ma non è Whiplash di Chazelle: l'arte di cantare il raga dovrebbe avere meno a che fare con la tecnica che non con il trasporto spirituale. Il fallimento del protagonista, autentico di dettagli microscopici e straziante nel suo profilarsi lento ma inesorabile, ha così sapore acre di morte di antichi valori. Non un film su un fuoco jazz inarrestabile che scoppietta in una stanza buia, ma su un lento spegnersi, esistenziale senza rinunciare a uno sguardo più ampio (bellissimo il ritratto a trecentosessanta gradi della scena musicale indiana, dalle accademie ai talent show, dagli archivi alla critica). Ogni sequenza è un contropiede continuo, un rilanciarsi senza mai ripetersi nè sprecare il tempo dello spettatore. Lungo e denso ma non prolisso, spossante ma costantemente ipnotico.


PADRENOSTRO


THE FURNACE


6 settembre


MANDIBULES


Titolo che fa il verso a quello originale di Lo squalo per una commedia francese, anzi provenzale e provinciale, su due improbabili corrieri (forse di droga ma non si sa bene cosa ci sia nella valigetta) che nel bagagliaio di un'auto rubata trovano una mosca gigante e decidono di addestrarla come cane da riporto per rapine in banca volanti. Teatro dell'assurdo filmato, non tanto vuoto quando filosoficamente e pacificamente ottuso alla Fratelli Coen. Bisogna stare al gioco, ma per chi si fa avvincere ci sono un timing comico infallibile (in sala svariati e meritatissimi applausi ben prima del finale), attori in parte perfetta, un delizioso meccanismo di contingenze inspiegabili ed esilaranti, e perfino un'effettistica speciale di livello, fra animatronic e cgi. La mosca è stupenda.


MISS MARX


L'autrice di Nico 1988 Susanna Nicchiarelli racconta un'altra donna fuori dal comune: dopo la cantante e modella tedesca è il turno di Eleanor Marx, figlia più giovane dell'autore del Capitale e precorritrice del femminismo moderno. Nicchiarelli la vede "coscienza infelice" del movimento comunista (quasi tutto al maschile) fondato dal padre - uomini che si battono contro i soprusi subìti dalla classe operaia ma perdono di vista quelli altrettanto maiuscoli operati dall'uomo sulla donna. Questo include ovviamente loro stessi, con una serie di decostruzioni critiche di personaggi emblematici, dallo stesso Marx a Engels passando per molte altre figure vicine al Partito e all'atmosfera della Comune di Parigi. L'intento è lodevole, la scelta del personaggio interessante e attuale, ma l'impressione è che il film non riesca mai ad andare oltre la mera illustrazione (con un pizzico di fastidiosa agiografia), presentandosi come ininterrotto e didascalico fiume di parole tratte dai carteggi dell'epoca senza che nemmeno questa prolissità riesca mai a trasformarsi in una vera idea di cinema. Derivativo nello stile (soprattutto da Marie Antoinette di Sofia Coppola) e con brutte musiche che riciclano idee da Joan Jett e dai Pixies.


PIECES OF A WOMAN


L'anno scorso Marriage Story di Noah Baumbach prometteva e non manteneva di mantenersi equidistante dalle due parti di una coppia sull'orlo del divorzio, pendendo decisamente verso il personaggio maschile interpretato da Adam Driver. Quest'anno Pieces of a woman fa quasi il contrario: anch'esso storia di un matrimonio in crisi - qui per la morte della figlia neonata durante il parto, filmato in una straordinaria sequenza iniziale in tempo reale - è nominalmente la storia di Lei (una splendida Vanessa Kirby), ma racconta la sua disintegrazione sociale e psicologica tramite un ritratto corale in cui ovviamente ha il maggior peso Lui (Shia LaBeouf, sempre più lontano dai tempi di Transformers e sempre più attore quasi anni '70, estremamente intenso nella scelta e nella dedizione epidermica ai ruoli). Storia di famiglie che si sgretolano, ponti che crollano, equilibri precari che vacillano. È un melodramma sobrio e quasi perfetto, capace di inusitata durezza ma mai alieno da compassione e umanità. Dirà la sua nel Palmarès.


7 settembre


ASSANDIRA*


THE WORLD TO COME


Continua il percorso di redenzione di Casey Affleck, preso nel maremoto di #metoo e da allora intanto a discolparsi con la partecipazione a un film di anima femminista dopo l'altro. Qui interpreta il marito di Katherine Waterstone - sono una coppia di contadini agiati nello stato di New York di metà '800. Prigioniera non tanto di un marito cattivo (Affleck è molto attento a cucirsi addosso un personaggio simpatetico, se non proprio simpatico) quanto delle costrizioni dell'istituto matrimoniale, prima cerca libertà in un'istruzione autodidatta, poi si innamora della vicina di casa (Vanessa Kirby, meno brillante che in Pieces of a Woman), la quale invece è preda delle "carezze di un animale", per dirla con De Andrè. Corretto e compìto, il film di Mona Fastvold si lascia guardare con grande piacere ma non dà brividi di alcun tipo. È un racconto piuttosto convenzionale, un Creature del cielo senza soffio vitale. Ci rifiutiamo di credere alle voci che lo vorrebbero come possibile Leone d'oro.


SUN CHILDREN


Majid Majidi porta alta la bandiera iraniana in questi giorni di Mostra. Come molti film presentati in concorso, il suo Khorshid (da noi "I figli del Sole") lancia un preciso messaggio sociale, in questo caso contro il lavoro minorile che purtroppo affligge le aree più disagiate del paese. I bambini protagonisti vengono infatti dai sobborghi poveri di Teheran, dove faticano come muli in un'officina metalmeccanica fra un furtarello e l'altro. Per risarcire un pezzo grosso di un piccolo sgarbo si iscrivono alla scalcinata scuola per ragazzi di strada del quartiere, la scuola del Sole. Dovranno scavare nel seminterrato del palazzo fino a raggiungere i sotterranei del vicino cimitero, dove il capo dice essere nascosto un tesoro..fra neorealismo e picaresco il film trova un suo agile equilibrio, una sua retorica fresca e mai invadente. Cresce lentamente ma inesorabilmente, fino a un finale destinato ad imprimersi.

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