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FIRST MAN - IL PRIMO UOMO


È Steven Spielberg il produttore esecutivo di questo biopic, ma non si direbbe, e significativamente non è accreditato fino ai titoli di coda - una scelta che scherma dal pregiudizio (purtroppo) inevitabile nel vedere un nome che è diventato sinonimo di patriottismo non sempre del più nobile associato a un film che racconta la storia della corsa americana alla luna, raggiunta nel 1969 in quella che è forse la singola più eccezionale mossa propagandistica della storia contemporanea. Che dietro questo ritratto cupo e contraddittorio di Neil Armstrong (Ryan Gosling), il primo essere umano a posare un piede su quest'altro mondo e a guardare dalla luna alla terra, si nasconda un ritratto del paese nel suo inquietante e solipsistico bisogno di dominio ci sta tutto; ma è appunto questo che il film aspira ad essere: il ritratto di un uomo.

Uno come Spielberg dietro le quinte di un'operazione simile può dar luogo a due generi di rischi: del primo, scongiurato, abbiamo fatto cenno; il secondo è l'appiattimento, il non riuscire a rintracciare la personalità dell'autore schiacciata da quella debordante di un simile burattinaio. Per fortuna i ritratti - velati di autobiografismo - di individui brillanti e problematici sono esattamente ciò che ha portato..alle stelle il cinema di Damien Chazelle, l'ènfant prodige salito prepotentemente alla ribalta nel 2014 per la sinuosa regia jazz di Whiplash e incoronato più giovane regista da Oscar di sempre con La la land.

Questo raffinato ritratto psicologico dell'"Armstrong sbagliato" (come hanno scherzato in tanti, ma è impossibile che Chazelle non abbia fatto caso - se non addirittura ammiccato - all'omonimia col buon Satchmo) conserva tutti i caratteri dei due precedenti: un percorso verso la grandezza e il primato assoluto fatto non di feste e sorrisi ai fotografi ma di angoli oscuri, introversione, ripensamenti. Ciò che sembra prendere sempre più piede nel cinema dell'americano è semmai un'inedita partecipazione emotiva.

Non che in Whiplash mancasse, ma tutta trasformata in pura tensione cinematografica, nell'ansia spasmodica del protagonista alla ricerca di un'insana perfezione al suo strumento musicale - la ragazza a cui rinuncia perchè niente lo distragga dal diventare il migliore è abbastanza collaterale; senz'altro più forte in La la land, ma anche qui la separazione aveva un che di ineluttabile per due persone votate dal proprio talento a diventare grandi. First Man è per la prima volta un film non di abbandoni (non letteralmente almeno) ma di lutti. L'Armstrong di un bravo, misuratissimo Gosling perde pezzo dopo pezzo come uno shuttle che si stacca da terra mentre Chazelle, elegante e composto come chi officia a un rito funebre, gira un film lontano e remoto guardandosi continuamente indietro e maledice che essere Il primo uomo significhi, anche se per un istante, essere solo.



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