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Il grande giorno

di Luigi Ercolani


Quella di Aldo, Giovanni e Giacomo che comincia con “Odio l'estate” (2020, Massimo Venier) potremmo considerarla una sorta di rinascita. Non tanto una seconda giovinezza, in quanto una definizione di questo tipo risulta forse tardiva per l'età di tutti e tre, ma un piuttosto un fuoco che, ravvivato nel modo appropriato, ha dimostrato di essere tutt'altro che spento.

Tale rifioritura ha, come punto di partenza, l'apertura del Trio a nuovi elementi, capaci di irrorare la narrazione con una nuova linfa che ha donato freschezza, e risulta innovativa anche all'interno di un sodalizio ormai ultratrentennale. Nello specifico, per Aldo, Giovanni e Giacomo il punto di svolta è stato il passaggio dal macrotema dell'amicizia a quello della famiglia.

“Odio l'estate”, in questo senso, era stato un primo esperimento ben riuscito, perché l'amicizia era sviluppata via via durante il racconto per merito delle reciproche difficoltà incontrate dai sei genitori coinvolti, difficoltà che facevano sì che i questi ultimi si supportassero l'un l'altro.

Il grande giorno tratta invece di un ideale step successivo. Qui l'amicizia, quella tra Giovanni e Giacomo, c'è già, ed anzi, affonda le proprie radici nell'infanzia dei due, che hanno caratteri molto diversi tra loro eppure sono riusciti non solo ad entrare in affari senza guastare il loro rapporto, ma anche ad ottenere un notevole successo nel loro ambito. Anche le rispettive famiglie si sono avvicinate, tanto che la figlia di Giovanni e il figlio di Giacomo, anch'essi vicini sin dall'infanzia, hanno poi iniziato una relazione e deciso infine di convolare a nozze.

I modi dei due padri di intendere la vita, su certe questioni persino antitetici, hanno fatto sì, però, che si accumulasse un cospicuo quantitativo di polvere sotto al tappeto. A sollevarlo è involontariamente Aldo, nuovo compagno della ex-moglie di Giovanni e vera e propria variabile impazzita di una cerimonia che sin da principio prende una piega ben diversa rispetto al programma studiato nei minimi dettagli dal padre della sposa.

La spontaneità estrosa del nuovo venuto è infatti il colpo di grazia alle ambizioni di grandeur da parte di Giovanni, ma è altresì, paradossalmente, ciò che porta alla luce una serie di dinamiche malsane, gelosie latenti, invidie reciproche, colpi bassi taciuti che sarebbero emersi quando sarebbe stato troppo tardi, se i piani iniziali fossero andati a buon fine.

Il grande giorno non è però, come sarebbe facile immaginare a questo punto, un film contro le nozze. Al contrario: regista e cast principale confezionano una riflessione amara e senza sconti, e perciò alquanto veritiera, in merito alla perdita del vero significato del matrimonio nell'epoca contemporanea. Un sacramento che ormai è in larga parte ridotto ad uno show, a spettacolarizzazione di un romanticismo fine a sé stesso dietro cui poter nascondere i problemi, i dubbi, le divergenze che ogni coppia si trova ad affrontare.

Tanto Massimo Venier quanto Aldo Giovanni e Giacomo sembrano quasi prendersi la briga, in effetti, di ricordare allo spettatore che il vero significato del matrimonio, e per estensione del rapporto di coppia, sta nell'instaurare con l'altra persona una relazione basata su un sentimento di amore autentico e di una sincerità rispettosa. Ovvero i due principali pilastri che permettono ad una famiglia di reggere gli urti che la vita inevitabilmente presenta.

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