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Il sol dell'avvenire

di Luigi Ercolani


Il cinema e il suo significato artistico, la psicologia e il ruolo che assume per le persone in crisi. Le false promesse nella produzione cinematografica e le coppie che stanno insieme da sempre. Le nuove frontiere dello streaming di massa e la difficoltà dei rapporti famigliari, spie nella fase crespuscolare della propria esistenza.

Il Sol dell'Avvenire raccoglie tutte questi spunti, molto morettiani, e porta in scena una commedia che è anche un po' dramma, e un dramma che è molto commedia. Fonde i generi, Nanni Moretti, innervando la narrazione con momenti assolutamente slegati dalla narrazione in corso, ma che rappresentano intermezzi simpatici, momenti di ristoro cognitivo mentre mentre si segue la storia raccontata.

Quello del regista di Brunico è tuttavia, come accennato, un sol dell'avvenire che in realtà sta volgendo al tramonto, e proprio perché al tramonto ha uno sguardo malinconico, che si pare compiacersi nel volgersi indietro a guardare la strada percorsa. Tale diffusa nostalgia non è trattata tuttavia in modo totalmente amaro, anzi, non di rado Il Sol dell'Avvenire regala momenti divertenti, legati in larga parte alle diverse ossessioni dei personaggi in scena, sia primari (con Moretti stesso capofila, chiaramente), che secondari.

La conclusione del film, che parla di un comunismo italiano che, una volta prese le distanze dall'Unione Sovietica, “ha reso tutti tanto felici” suona inoltre più una chiosa autoironica piuttosto che l'autentica convinzione dell'artista. Mathieu Almaric ha dichiarato, in questo senso, che lungometraggio è segnato dalla disillusione, sentimento che in effetti sembra emergere preponderante accanto alla malinconia: la disillusione verso il PCI, verso il mondo del cinema, verso i rapporti all'interno del nucleo famigliare, verso l'epoca globalizzata (e, ça va sans dire, di conseguenza anche post-sovietica) in generale.

Sopra tutti questi elementi, tuttavia, si eleva la questione della solitudine dell'artista. Nanni Moretti considera la cinematografia un'arte, e non fa nulla per nasconderlo: anzi, il suo intento è proprio quello di portare lo spettatore fin dentro i più reconditi meandri della mente del regista che si considera artista per mostrare a chi guarda come l'ossessione per il significato intrinseco o per un dettaglio specifico della diegesi sia un demone che divora chiunque voglia, nella sua vita, occuparsi di arte.

Il Sol dell'Avvenire non è un quindi un film sul comunismo in Italia, sulla psicologia, sulla famiglia o sull'industria cinematografica. Questi elementi, come detto sono tutti presenti, ma finiscono per rappresentare un contorno rispetto alla reale intenzione di Moretti, che è quella di portare il pubblico dentro la mente dell'autore che per quello stesso pubblico sta generando, dando vita, ad un'opera d'arte.

Ed il regista trentino qui non fa sconti, perché è cristallino nel raccontare al suo interlocutore potenziale come secondo lui la vita dell'artista sia problematica, tormentata internamente da un'ossessione maniacale. Quella che caratterizza ogni demiurgo che sente dentro di sé la missione, ai confini con l'imperativo categorico, di raccontare quella storia in quel determinato modo.

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