di Luigi Ercolani
L'amore ai tempi del chioschetto. Il confronto tra la Bologna attuale e quella che non esiste più, persa nello scorrere inarrestabile tempo, funge infatti da cornice al ritrovarsi di due innamorati nella loro età avanzata, che rievoca l'immortale L'amore ai tempi del colera (1985) del premio Nobel per la letteratura Gabriel Garcia Marquez, citato anche in qualche lampo di realismo magico presente all'interno della narrazione.
Per la fase più crepuscolare della propria produzione artistica, Pupi Avati sceglie ancora una volta di guardare al passato, portando alla luce una memoria lontana che tuttavia sta alla base del presente, così come le radici di un albero stanno alla base delle sue ramificazioni. Passato e presente non sono dunque staccati, anzi, l'alternanza delle linee temporali mantiene una sua omogeneità attraverso la continuità caratteriale dei personaggi.
Il regista, in questo senso, costruisce la narrazione del film su un perno trilaterale composto da tre personalità forti ma travagliate (i due amanti e l'amico di entrambi), i cui drammi interiori sono come onde della marea, che alla fine riportano il soggetto a incocciare sempre contro il medesimo scoglio. Si tratta altresì di personalità sapientemente mescolate: una rappresenta il raziocinio e la maturità, una lo spirito di ribellione e l'anticonformismo, una la sensibilità e l'affetto.
Avati, tuttavia, mette in guardia anche dai risvolti negativi, di quelle che fino a prova contraria sarebbero qualità. Così, al raziocinio fanno da contraltare l'uniformità ed il pessimismo, allo spirito di ribellione la collera impulsiva ed irrazionale, all'affetto l'istintività ed un'ostinazione quasi manichea.
Questo bilanciamento tra sentimenti molto umani è contornato da una generale aura di malinconia: in un'intervista in merito al film il regista ha detto che quest'ultima è un'emozione di cui lui vive, perché ritiene che ad grazie ad essa ci si spogli di sé stessi. La quattordicesima domenica del tempo ordinario è per certi versi l'implementazione, la concretizzazione, di questo suo sentire, visto il ruolo preponderante che alla malinconia viene di fatto attribuito.
Allo stesso tempo, si tratta tuttavia di un film in cui l'effetto delle pur apprezzabili premesse è limitato dalla scelta narrativa molto saltuaria, quasi a spot. La già menzionata alternanza tra tempi diversi non è infatti supportata da un adeguato approfondimento dei personaggi, l'analisi dei quali si ferma al livello superficiale delle emozioni, senza però spiegarne nel dettaglio le ragioni, come se esse nella vita di una persona fossero un dato di fatto e non, invece, il frutto di eventi succedutisi che hanno portato il soggetto su una strada rispetto a diverse altre percorribili.
Anche la recitazione degli attori, inoltre, sembra fermarsi all'aspetto epidermico dei personaggi che interpretano, tanto da risultare non particolarmente credibile in alcune specifiche situazioni, sia drammatiche che comiche. Il lungometraggio ne risulta così frenato, e perde smalto, quando invece un maggiore sviluppo avrebbe significato un'intensità maggiormente capace di arrivare al cuore dello spettatore.
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