di Luigi Ercolani
Si definisce ecosistema quell'ambiente organico in cui gli elementi sono interdipendenti tra loro, sia direttamente che indirettamente. Verosimilmente, se si procede a inserire in uno di questi un elemento estraneo, esso potrebbe distorcerne l'equilibrio fino a provocare un danneggiamento, quando non addirittura la distruzione.
Questo, almeno, per quanto riguarda ciò che avviene in natura, perché nel corso del tempo abbiamo imparato, viceversa, che l'arricchimento dei sistemi sociali ha una forte base nella contaminazione culturale, nella metabolizzazione di ciò che viene da fuori, in un'ottica di miglioramento reciproco. Consciamente o inconsciamente i registi Lauriane Escaffre e Yvonnick Muller partono proprio da una domanda che segue questo principio: cosa succede se si inserisce una persona piatta in un ambiente dinamico?
Maria, la protagonista di Maria e l'amore, è esattamente questo: una persona senza ambizioni, che si è sempre accontentata e che, se volessimo riprendere l'evangelica Parabola dei Talenti, per tutta la vita ha nascosto il suo, anche se non è chiaro se lo abbia fatto per timidezza o per paura, o forse entrambi. E a una persona così, sulla cinquantina, sempre inquadrata, capita uno sconvolgimento notevole, uno shock culturale non irrilevante: un'offerta di lavoro come donna delle pulizie nell'Accademia di Belle Arti di Parigi, ovvero un contesto che trabocca di pensiero fuori dagli schemi, di creatività prorompente e voglia di forgiare nuovi linguaggi attraverso strumenti vecchi e nuovi, di espressività e ricchezza emotiva.
Anche alla luce del suo ambiente famigliare, con un marito apatico e disattento ai bisogni di lei, questo ambiente inizia a gettare semi dentro Maria, semi che piano piano germogliano e mettono radici, fino a portarla a interrogarsi su quanto ha concluso fino a quel momento. Questi nuovi sentimenti le danno il coraggio e lo stimolo per rimettersi in gioco, pur essendo giunta ormai nel mezzo del cammin della sua vita.
Non è un caso che il titolo originale del lungometraggio sia “Maria rêve”, ossia “Maria sogna”. Se è vero che, come diceva Albert Einstein, si è vecchi quando i rimpianti superano i sogni, la protagonista sembra scuotersi da un torpore emotivo, scoprire di essere più vecchia nell'animo di quanto non sia nel corpo e, di conseguenza, decidere di riprendersi qualche anno di vita ridando corpo ai propri sogni.
Ad iniziarla a questa riscoperta di sé, e allo stesso tempo ad accompagnarla, Maria trova Hubert, custode della stessa Accademia. Quest'ultimo si pone a metà tra le due entità: ha sempre lavorato nella struttura, arrivando a conoscerla palmo a palmo e assorbendo, di riflesso, lo spirito creativo delle generazioni di studenti precedenti.
Allo stesso tempo, però, anche lui, come Maria, si è sempre accontentato di quanto aveva, senza provare a gettare uno sguardo oltre. Pungolando la protagonista e a sua volta venendone pungolato, anche Hubert è dunque chiamato a dare una sterzata alla propria vita, in superficie dinamica a causa della natura del suo lavoro ma in realtà ontologicamente monocorde.
Questa commedia si configura, tanto per l'una quanto per l'altro, come una sorta di romanzo di formazione. Il paradosso è che si invertono i ruoli solitamente dati per acquisiti: sono due figure di mezz'età che intraprendono un cambiamento grazie ai giovani, e non il contrario come avviene normalmente.
Comments