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THE SISTERS BROTHERS

Aggiornamento: 23 set 2019

di Lorenzo Meloni


The Sisters Brothers è la storia di due bambine. Si fanno belle, si sostengono nei momenti difficili, si innamorano, litigano su chi ha avuto in regalo il cavallo più bello. Sono due spietati cacciatori di taglie, i fratelli Sisters (John C. Reily e Joaquin Phoenix), incaricati dal misterioso Duca di raggiungere il bersaglio e appena lì fare quello che sanno fare meglio: uccidere. È il racconto della loro fuga da un destino scritto di violenza, grettezza, amoralità. Dalla terra di nessuno dell'incredibile prima scena, sparatoria nel buio totale in cui i lampi delle pistole squarciano l'oscurità e di nomi e persone non si sa niente, si sa solo che il mondo è inferno e il male all'ordine del giorno, all'inoltrarsi progressivo nella civiltà con la scoperta dell'igiene e delle buone maniere, il mutare dei villaggi di frontiera in grandi paesi e infine città.

Hermann Warm (Jake Gyllenhaal) è il battipista, l'esploratore che deve localizzare il “dead man walking” perché i Fratelli possano colpire. "Non uno che spara, uno che cerca". Non vale solo per il suo lavoro ma per il totale della sua personalità, quella di un giornalista di frontiera, letterato, quasi psicologo ante-litteram. Colpito dalla personalità della sua futura vittima - un cercatore d'oro con studi da chimico che anziché piccone e setaccio progetta di arricchirsi usando un composto rivoluzionario di sua invenzione (Riz Ahmed) - inizia ad avere dubbi sulla missione.. Che ci sarebbe di poco eroico? Niente. Ma perché un gentiluomo si sporca le mani in un mestiere da tagliagole? E perché un imparziale uomo di scienza non è in fondo meno ammalato di mille altri di febbre dell'oro?



Fra le tante sorprese di The Sisters Brothers, dalle lunghe attese spezzate dall'irrompere della violenza al sapore classicamente conviviale, alla femminilità onnipresente in un film senza neanche una donna, la più inattesa è che si tratta di un vero Western. Sottolineiamo "vero". I maggiori (ri)scopritori americani del genere in tempi recenti, Quentin Tarantino e i fratelli Coen, ne hanno strumentalizzato ambienti e caratteri (The Hateful Eight, l'ultimoThe Ballad of Buster Scruggs) o aggiornato lo spirito avventuroso (Django Unchained, Il Grinta) con risultati che, per quanto brillanti, somigliano sempre più a saggi astratti sul tema che a suoi veri esponenti. Qui, un francese come Jacques Audiard fa quello che i colleghi d'oltreoceano non sanno o non vogliono fare più.

È evidente il desiderio di non ridurre il Western a sfondo, a mera ambientazione. Sui suoi elementi si elabora, spesso li si modifica, ma in questo modo li si fa respirare. Dalle corse nella prateria della classicità - con nuovi angoli, nuovi ritmi, nuovo spirito - alla rudezza leoniana/crepuscolare, il sangue (a litri), il sudore (altrettanto), le mosche (i ragni!). Su questa sgradevolezza organica Audiard spinge particolarmente - si era mai visto in un Western un cavallo sfregiato? - ma non dà mai l'impressione di voler fare del sensazionalismo, piuttosto gli preme che gli elementi della messa in scena non si diano mai per scontati, nemmeno i più familiari.

Lungi dall'essere "solo" un racconto americano di avventura, The Sisters Brothers è anche il film di un europeo. E vive la sua doppia natura in modo affascinante e contraddittorio. I brizzolati americani in via di redenzione incontreranno a metà strada i due umanisti, quasi-illuministi di sensibilità moderna un po' troppo affascinati dalle terre selvagge. Significa, l'abbiamo detto, l'incontro tra due cinema: quello di John Ford e (soprattutto) Sam Peckinpah; quello della tradizione francese (una certa colloquialità borghese, ambiguamente idilliaca che riporta a Jean Renoir) ma anche - e questo è un nodo davvero interessante - il grande cinema "di frontiera" europeo, quello inglese di David Lean, col personaggio di Riz Ahmed battezzato semplicemente Morris, che a giudicare dal nome non può essere ispanico né italiano e quindi visti la cultura, la pelle scura e i capelli nerissimi può darsi che vada inteso come un Sepoy dell'India coloniale; Significa il fronteggiarsi di due culture in reciproca irresistibile attrazione. C'è il naufragare di un sogno, di un'ideale di civiltà, di un incontro fugace fra il Cuore di Tenebra europeo e l'innocenza bambina della brutale wilderness americana.



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