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DIECI COSE CHE HO IMPARATO di Piero Angela

Aggiornamento: 3 nov 2023


di Matteo Lolli




Il nostro paese ha bisogno di beni "immateriali": cioè di conoscenza e di valori. Cose più difficili da ottenere che petrolio, corazzate e stazioni spaziali, perché richiedono un cambiamento di mentalità a dir poco rivoluzionario. [...]

Questi beni immateriali sono trasversali a qualunque politica. Rappresentano la vera ricchezza di una società, perché sono i motori del cambiamento e consentono di creare in continuazione risorse e di distribuirne i benefici.

Peccato che il nostro paese navighi e si perda in altri labirinti.

O non è mai troppo tardi?




Freschissimo di "menzione" tra le tracce della prima prova dell'esame di Maturità, Dieci cose che ho imparato è un saggio-testamento con cui Piero Angela, negli ultimissimi mesi di una vita longeva e indefessamente dedicata alla scienza e alla divulgazione, ha voluto realizzare una riepilogativa summa delle conoscenze acquisite nei molteplici ambiti culturali di sua competenza ed interesse, offrendole simbolicamente - in una sorta di metaforico passaggio di testimone - ad una platea potenzialmente onnicomprensiva ma soprattutto alle giovani generazioni: ad esse infatti questo pamphlet, sintetico e volutamente "introduttivo" rispetto a questioni articolate e complesse ma non per questo generico e impreciso, e tematicamente tutto proiettato sul futuro dell'Italia come sistema-paese, è evidentemente rivolto in maniera prioritaria: la recente "somministrazione" di un brano di questo saggio ai maturandi si sposa quindi perfettamente con le intenzioni del suo autore, oltre a costituirne un dovuto omaggio in memoriam a pochi mesi dalla scomparsa.


Il saggio - come è evidente fin dal titolo - è strutturato in dieci diverse sezioni, nelle quali il focus di Angela si sposta su questioni diverse e via via più specifiche che però non prescindono da una visione di insieme, ovvero la seguente: quella per cui l'Italia viene tratteggiata, in un vero e proprio cahier de doléances dai toni quanto mai gravi e preoccupati, come un paese le cui dinamiche e la cui mentalità stentano non poco a restare al passo con un mondo contemporaneo in continua e frenetica evoluzione, in cui l'importanza e l'impatto sul quotidiano di scienza e tecnologia richiedono un'efficienza "di sistema" ed una visione progettuale lungimirante di cui l'Italia, secondo Angela, non è (o non vuole essere) capace.

Dall'illusione che la politica possa magicamente produrre nuova ricchezza grazie a opache e populistiche promesse elettorali utili solo per il consenso immediato, all'assenza di una visione "filosofica" intrinseca al mondo della cultura che faccia del razionalismo e del metodo scientifico le proprie stelle polari; dalla necessità di valorizzare (e, prima ancora, ricercare) le eccellenze all'interno della realtà scolastica ed universitaria all'auspicio di una televisione e un'informazione pubblica diverse, più "impegnate" culturalmente e meno piegate alle banali logiche dell'audience; dall'analisi dell'urgenza (e delle concrete possibilità attuative) di una rivoluzione energetico-produttiva di natura ecosostenibile alla messa in luce di quello della demografia (e quindi della denatalità, dello squilibrio crescente - soprattutto in prospettiva futura - tra contribuenti e pensionati...) come un problema che il nostro paese non può più fingere di ignorare: tutta l'argomentazione del discorso di Angela converge verso un centro unico, quello di un sistema-paese malfunzionante perché disarticolato e obsoleto.

Ma alle numerose e motivate rimostranze, grazie ad una volontà costruttiva quasi di stampo "positivista" l'uomo di scienza nonché cittadino appassionato affianca una pars construens ragionata e documentata nei suoi contenuti e, soprattutto, portatrice di un alito di speranza nel suo proporre una nuova visione per una nuova Italia.


Dieci cose che imparato è un libro snello e leggero nella sua struttura, accattivante e coinvolgente per la centralità dei temi trattati e, soprattutto, lucido e chiaro nella sua semplicità ed essenzialità comunicativa: per questo, chi per decenni ha potuto apprezzare la professionalità asciutta e mai pedante di Piero Angela nelle moltissime puntate di Quark e Superquark può felicemente trovare in questo saggio "un diario intimo del suo sapere che ha voluto regalarci prima di andarcene", per usare le parole di suo figlio Alberto, altro volto altrettanto ben noto della divulgazione culturale televisiva. Ed è innegabile che sfogliando le pagine del libro non sopraggiunga mai, anche di fronte a problemi di cui (spesso in chiave solamente polemica e "distruttiva" o, peggio, generica ed ambigua) al giorno d'oggi si parla moltissimo, un senso di pesantezza o noia del tutto estraneo allo stile comunicativo di Angela e ai suoi scopi di natura pedagogica.

Perché è qui il principale e più importante merito di un testo rivolto, come si diceva prima, in particolare ai giovani o comunque ai "neofiti" che vogliono accostarsi alle grosse problematiche della modernità: da un lato grazie alla chiarezza espositiva ci si sente subito a proprio agio all'interno di discorsi dei quali magari prima si ignoravano anche i fondamenti primi; dall'altro aumenta, dopo la lettura, il desiderio di approfondimento e di conoscenza ulteriore, per il coinvolgimento intellettuale di cui le argomentazioni di Angela sono capaci.

E ciò risulta quasi commovente, se si pensa che a scrivere le pagine in questione è stato un novantatreenne che, dopo una vita dedicata alla scienza e alla cultura, ha deciso di votare anche gli ultimissimi tempi della sua vita al sapere e alla divulgazione con lo sguardo teso verso il futuro: un futuro che per la nostra Italia, tenendo in considerazione i saggi suggerimenti (e, prima ancora, accogliendo le lucide e taglienti "diagnosi di malattia") di Piero Angela, potrebbe forse essere più nitido e comprensibile, pur nella sua complessità, e presentare qualche concreto e positivo "spazio di manovra" in più.

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