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Marco Biagi. Chi era costui?

Aggiornamento: 8 apr

2 luglio 2001. Al sottosegretario Sacconi: “Caro Maurizio, consentimi di ricordarti di intervenire su quanti hanno revocato la mia tutela a Roma. Mia moglie come me è allarmatissima. La mia richiesta è precisa. Trasformazione del servizio da tutela, una buffonata, in scorta vera e propria. Ti prego di aiutarmi con la massima urgenza e determinazione”.


15 luglio 2001. Al presidente della Camera Casini: “Caro presidente, per ragioni che ignoro a Roma da dieci giorni è stata revocata la scorta-tutela e tutte le volte che vengo nella capitale sono molto allarmato. Ti chiederei di fare il possibile affinché io venga tutelato”. 


1° settembre 2001 al prefetto di Bologna: “Ho la sensazione, signor prefetto, che la mia situazione sia ampiamente sottovalutata. Ho anche l’impressione che la mia persona costituisca a Bologna una sgradita incombenza. Ormai troppe volte mi sono rivolto a lei per segnalare questo stato di cose. Non mi resta che esprimerle di nuovo la mia preoccupazione e la mia profonda delusione per quella che secondo me è una chiara sottovalutazione dello stato di pericolo in cui mi trovo”. 


23 settembre 2001. Al ministro Maroni e per conoscenza al prefetto di Bologna: “Caro ministro, desidero informarla che oggi ho ricevuto un’altra telefonata minatoria da un anonimo che asseriva persino di essere a conoscenza dei miei viaggi a Roma senza protezione alcuna. Qualora dovesse malauguratamente occorrermi qualcosa desidero che si sappia che avevo informato inutilmente le autorità di queste ripetute telefonate minatorie senza che venissero presi dei provvedimenti conseguenti”. 


19 marzo 2002. È una di quelle sere in cui la primavera comincia a farsi sentire con la temperatura mite. Mentre torna a casa dall’università dove ha appena fatto lezione, il professor Marco Biagi viene ucciso dalle Nuove Brigate Rosse sotto la sua abitazione, al centro di Bologna. Era senza scorta. Stava percorrendo in bicicletta il tratto di strada che separa la stazione di Bologna, dove poco prima era sceso dal treno, dalla sua abitazione.


1° giugno 2005. Al processo di primo grado la Corte d’assise di Bologna, dopo 22 ore di camera di consiglio, condanna a cinque ergastoli altrettanti componenti delle nuove Brigate Rosse: Nadia Desdemona Lioce, Roberto Morandi, Marco Mezzasalma, Diana Blefari Melazzi e Simone Boccaccini. 


6 dicembre 2006. La Corte d’assise d’appello conferma l’ergastolo per Diana Blefari Melazzi, Roberto Morandi, Nadia Desdemona Lioce e Marco Mezzasalma. Riduce a 21 anni di reclusione la condanna per Simone Boccaccini. Nel terzo e ultimo grado di giudizio la quinta sezione penale della corte di cassazione confermerà il verdetto emesso in secondo grado. 


Marco Biagi era nato il 24 novembre 1950 a Bologna, città in cui ha sempre vissuto. Nella sua carriera universitaria è stato docente di diritto del lavoro all’università di Ferrara e di Modena e professore incaricato all’università della Calabria. Ha detto Michele Tiraboschi, che è stato suo allievo: “I ricordi che vengono fatti di Marco Biagi non sono dei rituali, non sono dei momenti di pochi minuti che si fanno stancamente di anno in anno, ma devono testimoniare quello che è successo a Marco Biagi e quello che è accaduto attorno alla sua figura. A me colpisce che molti, senza averlo conosciuto, senza aver letto quello che lui ha pensato e ideato, comunque ritengano che lui abbia la grave colpa di avere avviato la mercificazione e la precarizzazione del lavoro in Italia. Questo è uno stravolgere quello che è successo. Basterebbe prendere le cronache dei giornali del 20, del 21 e del 22 marzo del 2002 per vedere quello che era successo in quella stagione. Si erano dette cose false e inesatte sul disegno di legge di Marco Biagi”. 


Marco Biagi. Chi era costui?

Il 30 giugno del 2002 il Corriere della Sera e il Sole 24 ore pubblicarono una chiacchierata tra l’allora ministro dell’Interno Claudio Scajola e alcuni giornalisti che seguivano la sua attività: “A Bologna hanno colpito Biagi che era senza protezione”, dice Scajola, che poi aggiunge: “Ma se lì ci fosse stata la scorta i morti sarebbero stati tre. E poi vi chiedo: nella trattativa di queste settimane sull’articolo 18 quante persone dovremmo proteggere? Praticamente tutte…”. E ancora l’allora titolare del dicastero dell’Interno: “Marco Biagi era un rompicoglioni che voleva il rinnovo del contratto di consulenza”. Una frase volgare usata poco più di due mesi dopo l’assassinio del collaboratore del ministero del Welfare. Nelle ore drammatiche dell’omicidio scrisse Giampaolo Pansa su l’Espresso: “Taliercio, Rossa, Casalegno, Tobagi. Nomi e storie che non hanno più eco. Presto accadrà lo stesso col professor Marco Biagi e si dirà: ‘Biagi, chi era costui?’”. 


Francesco Neri

Giornalista professionista, collabora con Il manifesto e con la Rai (Unomattina, Ballarò, La grande storia in prima serata). Fa parte della giuria di Storie Inaspettate.


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