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SID - Fin qui tutto bene: a quale voce prestare ascolto?

Sulla libreria all’ingresso della sede di Cubo Teatro campeggia una targa che conferisce alla loro ultima produzione il premio INBOX 2023; nel camerino di Alberto Boubakar Malanchino fa bella mostra di sé la statuetta del premio UBU al miglior attore. Il pluripremiato SID - Fin qui tutto bene, sarà in scena sabato 9 marzo al teatro Testori di Forlì. Scarnificando lo spazio scenico Cubo Teatro inserisce pochissimi elementi e lascia che sia poi l’occhio che osserva a riempirlo grazie a stimoli, segnali, voci guidate solo dalla sensibilità del momento. Tra vuoti da colmare e linguaggi da afferrare SID - Fin qui tutto bene pone così lo spettatore davanti a un interrogativo: a chi prestare ascolto, e quale voce mi sta parlando? “Una volta - racconta Girolamo Lucania, drammaturgo e regista dello spettacolo con il quale avviamo la conversazione che segue - un papà è venuto da me a fine spettacolo e mi ha detto: ‘uscito dalla sala ho chiamato mia figlia e gli ho chiesto scusa’. E con quella frase ho capito che avevamo centrato l’obiettivo”. 



SID - Fin qui tutto bene: a quale voce prestare ascolto?
SID al centro della scena

SID - Fin qui tutto bene racconta un’identità collettiva facendo parlare una sola persona. Come ci siete riusciti?


Questa produzione è un lavoro che nasce da stimoli collettivi, da suggestioni improvvise; nasce dal quartiere dove ha sede Cubo Teatro e dove vivono ben trentadue diverse etnie. Questo ambiente multiculturale è un po' un crogiuolo di situazioni, e gli scontri generazionali sono inevitabili. L’obiettivo del nostro spettacolo è proprio quello di raccontare una generazione attraverso la storia paradossale di un ragazzo adolescente, per arrivare così a dare voce ai ragazzi, attraendoli in un ambiente magari lontano da loro, e allo stesso tempo parlando agli adulti. 


Che difficoltà avete dovuto superare per raggiungere questo obiettivo?


Mentre i giovani si sentono direttamente chiamati in causa, gli adulti sono colpiti in primo luogo dall’uso del linguaggio. Abbiamo cercato di ricreare il ritmo della società capitalista di oggi che non dà tempo di pensare, usando un linguaggio vicino agli adolescenti. Lo spettacolo è un po' un pugno nello stomaco per la velocità con cui vengono affrontati ed elaborati i concetti. In questo modo l’attenzione si sposta proprio sulla necessità di comprendere i nuovi colori e i nuovi bisogni dall’interno, lasciando all’esterno i pregiudizi più comuni. 


E concretamente questo come avviene?


SID è un finto monologo, un meccanismo di teatro non consueto. È un monologo se consideriamo che a parlare è in effetti un solo attore. Ma la composizione sonora, in realtà, va di pari passo con le parole. In questo modo i due musicisti diventano a tutti gli effetti due personaggi. Voce e musica non sono due mondi separati, e la melodia non è il classico accompagnamento. In più anche la storia è una finta storia: la voce racconta fintamente la storia di un ragazzo di seconda generazione camuffando la vera intenzione di raccontare la storia di una generazione intera.  



SID - Fin qui tutto bene: a quale voce prestare ascolto?
i tre personaggi in scena

Gli altri due interpreti, Ivan Bert e Max Magaldi, hanno avuto quindi un ruolo centrale fin dall’inizio della produzione?


Il lavoro musicale è nato nello stesso momento in cui è nata la drammaturgia e i due interpreti sono con noi fin dall’inizio. Tant’è che immaginavamo questo progetto come un racconto tra storia e batteria, non solo per una questione di ritmo ma anche perché la batteria come strumento è parte integrante della storia (grazie a dei sensori che trasformano la vibrazione in suono, Max suona una finta batteria). 


La tournée di SID è avviata e a fine estate vedrà la sua cinquantesima replica. Quali sono i vostri progetti futuri? 


Abbiamo molto a cuore il dialogo con i ragazzi. Per questo abbiamo progetti di inclusione da realizzare nei quartieri che magari a prima vista possono essere più difficili. Con SID PARTY vogliamo provare a fare proprio questo: infiltrarci nei territori, coinvolgere i ragazzi e le ragazze del quartiere e insieme costruire una festa sui temi identitari centrali finora nel nostro lavoro. A breve, poi, inizieremo la fase di creazione di un nuovo progetto che avrà come tema centrale la dipendenza da internet e la responsabilità degli algoritmi nei confronti delle nuove generazioni. A anno nuovo, invece, inizieremo a lavorare allo spettacolo "LEO - l'unica arte è un pugno", secondo capitolo della "trilogia dei profeti"; di cui SID è il primo capitolo, per portare in scena la storia di Leone Jacovacci e raccontare così le vicende di un pugile nell'epoca dei neofascismi, sempre con Alberto protagonista, che vedrà anche il coinvolgimento di molte palestre in tutta Italia.



Eleonora Poli

Redazione Fitel Emilia Romagna


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